Frammenti Parte II

Frammenti Parte II

Aryndel era immerso nella lettura di un antico libro rinvenuto tra gli scaffali polverosi della vecchia biblioteca del castello. La copertina in pelle logora e i bordi ingialliti testimoniavano la sua antichità. Ma non era solo l'età del volume ad affascinare il giovane. Era la storia che raccontava. Una storia di un regno perduto, di un tempo in cui la magia scorreva libera e la natura era intatta. Una storia che sembrava così lontana dalla realtà in cui viveva lui, in un mondo dove la magia era debole e rara, dove la natura era stata sottomessa dall'uomo.

Aryndel era assorto nella lettura, incantato dalle parole scritte su quei vecchi fogli. Non si accorse dell'ombra che si allungava alle sue spalle, finché una voce autorevole non risuonò nella grande stanza.

«Ary, dove sei?!» Era lo zio, il mago di corte, consigliere del re, che lo cercava.

Aryndel si voltò, chiudendo il libro con cura. La biblioteca era un luogo sacro per lo zio, un luogo in cui custodiva i tesori della conoscenza del passato. Era una grande stanza con soffitti alti e pareti coperte di libri antichi. Le grandi finestre in alto lasciavano entrare la luce del tramonto, creando un'atmosfera magica.

«Eccomi zio» rispose Aryndel alzandosi in piedi, «stavo solo leggendo un libro che ho trovato mentre pulivo gli scaffali»

Lo zio gli si avvicinò, guardando con attenzione il volume che teneva in mano. «Un libro antico, di un regno perduto.» mormorò.

«Sì, è così affascinante.» rispose Aryndel.

«Sì, lo è. Ma adesso è ora di cena, vieni.» disse lo zio, posando una mano sulla spalla del nipote.

Aryndel lo seguì, ma non poteva fare a meno di guardarsi indietro verso il libro, chiedendosi se un giorno avrebbe potuto scoprire la verità su quel regno dimenticato.

I due salirono le strette e tortuose scale della vecchia biblioteca del castello, fino a raggiungere le studio del mago. La stanza era piccola e semplice, ma piena di libri antichi e strumenti magici. Il tavolo era ingombro di pentole e pentoletti per le pozioni di cura, mentre in un angolo c'era una vecchia scrivania con pergamene antiche e pietre magiche sparse. Su un tavolino c'era un grosso calendario con la data del giorno scritta in una antica lingua. Le pareti erano coperte da scaffali traboccanti di libri, alcuni dei quali rilegati in cuoio, altri in seta, e molti di essi chiusi con chiavi d'oro o argento. C'erano anche mappe antiche appese alle pareti, alcune delle quali mostravano paesaggi mai visti da Aryndel e iscrizioni in una lingua sconosciuta.

Lo zio aveva un'aria distinta e misteriosa. Era un uomo ancora giovane, con lunghi capelli grigi e una barba ben curata. I suoi occhi erano di un verde scuro e penetrante, come se potessero guardare fino in fondo all'anima di chi gli stava di fronte. Indossava una lunga tunica verde con simboli magici ricamati, e al collo portava una catena di filo d'argento con una pietra smeraldo incastonata, la cui origine era avvolta nel mistero. Alla mano destra portava un anello d'oro con inciso un simbolo che lo identificava come mago di corte della cittadella di Eldrida, la roccaforte principale di un regno frammentato. Il suo nome era Goldor.

Aryndel si sedette al tavolo di quercia massiccia, che era stato lucidato fino a farlo scintillare alla luce delle candele. Il tavolo era apparecchiato con cura, con una tovaglia bianca e due piatti di porcellana. Su ogni piatto c'era una porzione di pane caldo, fumante, accompagnato da un pezzo di formaggio fresco e un'insalata di verdure dell'orto appena colte.

Al centro del tavolo c'era una caraffa di succo di Nymfru, un frutto esotico scoperto dai viaggiatori del regno. La caraffa era decorata con foglie di Nymfru intrecciate, e il succo di colore rosso vivo trasudava dalle foglie.
Il Nymfru era un frutto esotico dalla forma simile ad una pera, ma con una pelle liscia e morbida e una polpa succosa e dolce al palato. Era stato scoperto su un'isola lontana, dove un gruppo di esploratori della cittadella era approdato durante una tempesta. Gli abitanti dell'isola avevano accolto i naufraghi con generosità e li avevano nutriti con questo delizioso frutto sconosciuto. I viaggiatori, affascinati dal gusto del Nymfru, avevano deciso di portarne alcuni esemplari al loro ritorno a casa, dove erano stati coltivati con successo.
Il Nymfru divenne presto molto popolare ad Eldrida, non solo per il suo gusto delizioso, ma anche per la leggenda che si era creata attorno a esso. Si narrava che il Nymfru fosse un frutto magico creato dalle fate della foresta per proteggere gli uomini dalla sfortuna e dalle avversità. Chi lo mangiava, si diceva, avrebbe avuto tanto successo in tutte le sue imprese ed avrebbe vissuto una vita lunga e felice. La sua buccia era sottile e delicata, e si diceva che avesse un profumo delizioso e inebriante. La gente del posto amava raccoglierlo e conservarlo per i periodi di sfortuna o difficoltà. Era considerato un portafortuna e un simbolo di speranza.

La luce delle candele creava un'atmosfera calda e accogliente nella stanza, mentre il piccolo fuoco scoppiettava nel camino di pietra. Le fiamme danzavano, proiettando ombre sulle pareti e riscaldando l'ambiente. Su un tavolino accanto al camino c'erano una caraffa di vino e un bicchiere di cristallo, pronto per essere riempito.

Aryndel respirò profondamente, assaporando l'aroma del cibo e apprezzando ogni boccone di quel pasto semplice ma preparato con amore e tanta cura. La cena trascorse in silenzio, con lo zio e il nipote che si concentravano sul cibo e sui propri pensieri.

Improvvisamente, un suono delicato e melodioso attirò l'attenzione di Aryndel. Era il richiamo del suo animaletto, una creatura unica ed esotica, l'ultimo di una specie ormai estinta. Con un sorriso, Aryndel si alzò dalla sedia e si diresse verso la fonte del suono.

«Eccoti qui, mio piccolo Luminar» esclamò Aryndel, con un tono caldo e affettuoso. Luminar era un essere magico e misterioso, una creatura così rara che pochi ne avevano mai visto uno. Era un animale di piccole dimensioni, con una lunga coda arruffata e un pelo morbido e setoso di un colore argento brillante. Aveva occhi grandi e scintillanti, che sembravano risplendere al buio. Era in grado di mimetizzarsi con l'ambiente circostante, rendendosi difficile da individuare.

Luminar si avvicinò timidamente alla tavola, dove lo zio aveva preparato un piattino con del cibo per lui. Era un animale molto riservato, ma aveva una grande fedeltà verso Aryndel. Il ragazzo gli accarezzò la testa, mentre Luminar cominciava a mangiare con gusto.

Mentre Luminar mangiava, Aryndel non poteva fare a meno di ammirare la bellezza unica della creatura. Si conoscevano da sempre, era stato con lui sin dalla sua nascita, un dono del destino, un legame indissolubile.

Aryndel era un ragazzo minuto ma atletico, con lunghi capelli castani e occhi verdi come smeraldi. Il suo viso era delicato, con lineamenti fini e un sorriso timido che gli illuminava gli occhi. Era un bambino molto curioso e sempre alla ricerca di nuove avventure, ma allo stesso tempo riservato e introverso. Era molto legato a Luminar, la sua creatura, e passava gran parte del suo tempo a prendersene cura e ad esplorare con lui.

Aryndel aveva una personalità forte e determinata, nonostante la sua giovane età. Era un bambino molto coraggioso e sempre pronto ad aiutare gli altri, ma allo stesso tempo sapeva quando era il momento di essere cauto e prudente. Era molto interessato alla magia e alla storia, e passava ore a studiare i libri del castello di Eldrida.

Era un bambino molto sensibile, in grado di percepire l'aura delle persone e delle cose intorno a lui. Era in grado di sentire l'energia della natura e di comunicare con gli animali, un talento unico che gli aveva permesso di creare un legame molto speciale con Luminar.

Aryndel aveva dieci anni, era cresciuto e aveva vissuto all'interno del castello di Eldrida per tutta la sua vita, sin dal giorno in cui era stato affidato alle cure del mago Goldor insieme al suo fedele compagno.

...

Era una notte scura e tempestosa, le nubi si addensavano minacciose nel cielo, coprendo la luna e lasciando la strada immersa nell'oscurità. Solo i guerrieri più temerari o i viandanti disperati si azzardavano a uscire in una notte simile. Tuttavia, una figura avvolta in un mantello color rame, intriso di sangue fresco, si avvicinò alla porta del castello di Eldrida, bussando con insistenza. Il vento ululava attorno al castello, facendo sbattere le imposte e scuotere le porte. Il mago, che era in attesa di un messaggero urgente, aprì immediatamente la porta, pronto ad accogliere chiunque fosse stato così coraggioso da affrontare una simile tempesta. «Chi sei, e cosa vuoi?» chiese in tono brusco.

La donna sollevò il cappuccio, rivelando un volto bellissimo. Era una giovane affascinante, con lunghi capelli scarlatti che le scendevano lungo la schiena. I suoi occhi erano grandi e scuri, pieni di tristezza e disperazione.
Le sue guance erano scavate dalle lacrime, e le sue mani tremavano mentre teneva stretta una cesta di vimini. «Sono la madre di questo bambino» disse con voce rotta dall'emozione indicando la cesta dove erano adagiati il neonato ancora in fasce ed un curioso animaletto «e ti chiedo con tutto il mio cuore di prenderlo sotto la tua protezione. Lui e il cucciolo sono gli unici superstiti di una battaglia terribile, e non ho più nessuno che possa prendersi cura di loro.»

Goldor, con un misto di curiosità e preoccupazione, invitò la donna a entrare nel castello. La condusse in una stanza calda e accogliente, arredata con mobili antichi e libri rari. La luce delle candele danzava sui volumi rilegati in pelle, mentre un fuoco scoppiettava allegramente nel camino. La donna si accomodò su una poltrona di velluto, mentre Goldor prese posto di fronte a lei.

La donna raccontò la sua storia con parole spezzate, accompagnate da lacrime e dolore. Il mago ascoltò con attenzione, sentendo crescere in sé una profonda compassione per la donna e il bambino. Gli occhi di Goldor si velarono di tristezza mentre ascoltava i dettagli della battaglia in cui la donna aveva perso tutto ciò che amava, e della sua disperazione nel dover abbandonare il suo unico figlio.

La madre, con gli occhi lucidi di lacrime, estrasse da sotto il mantello un oggetto avvolto in un panno di seta. Con delicatezza lo aprì, rivelando un bracciale d'argento con incise rune e simboli misteriosi. «Prendilo» disse con voce rotta dall'emozione «Questo bracciale è un dono per il mio bambino. Gli sarà utile quando sarà grande e gli ricorderà di me. Lo affido a te, Goldor, perché tu possa conservarlo e consegnarlo a lui al momento giusto.»
Con mani tremanti, Goldor prese il bracciale e lo esaminò attentamente. Era un oggetto di grande bellezza e potere, ma anche carico di una grande responsabilità. «Lo custodirò con cura» promise con solennità «e veglierò su di lui come se fosse mio figlio.»
La madre gli sorrise, ringraziandolo con gli occhi. Poi, con un ultimo sguardo al suo bambino, si voltò e scomparve nel buio della notte. Aveva smesso di piovere.

Goldor, con il cuore pesante, guardò il bambino e la creatura addormentati. Non sapeva cosa li attendesse nel futuro, ma sapeva che avrebbe fatto del suo meglio per proteggerli e insegnare loro tutto ciò che sapeva.

Tuttavia, non poteva ignorare l'ombra di mistero che aleggiava intorno alla loro provenienza e al loro destino. Era come se un antico sortilegio li avvolgesse, e lui era stato scelto per essere il loro custode. Goldor si sentì onorato di essere stato scelto per questa importante missione, ma anche un po' impaurito dalle incognite che si celavano nel loro futuro.

Con un sospiro, Goldor si alzò dalla sedia e si avvicinò alle finestre, fissando la luna piena che brillava nel cielo notturno. Era come se un destino oscuro e misterioso fosse stato scritto per Aryndel e Luminar, e il mago sapeva che avrebbe dovuto essere pronto ad affrontarlo al loro fianco. Con una determinazione silenziosa, Goldor si girò verso la stanza dove i due dormivano pacificamente, e con un gesto delicato, spense le candele, lasciando che il chiarore della luna illuminasse la stanza. Chiuse gli occhi e si preparò ad accogliere il destino, pronto a proteggere e guidare i due verso qualsiasi sfida si presentasse loro.


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